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156 LA GERUSALEMME

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XXVI.


  Fine alfin posto al vagheggiar, richiede
A lui commiato, e ’l bacia, e si diparte.
Ella per uso il dì n’esce, e rivede
204Gli affari suoi, le sue magiche carte.
Egli riman; chè a lui non si concede
Por orma, o trar momento in altra parte:
E tra le fere spazia e tra le piante,
208Se non quanto è con lei, romito amante.

XXVII.


  Ma quando l’ombra co’ silenzj amici
Rappella ai furti lor gli amanti accorti;
Traggono le notturne ore felici
212Sotto un tetto medesmo entro a quegli orti.
Ma poichè volta a più severi uficj
Lasciò Armida il giardino, e i suoi diporti;
I duo, che tra i cespuglj eran celati,
216Scoprirsi a lui pomposamente armati.

XXVIII.


  Qual feroce destrier ch’al faticoso
Onor dell’arme vincitor sia tolto:
E lascivo marito, in vil riposo,
220Fra gli armenti e ne’ paschi erri disciolto;
Se ’l desta o suon di tromba, o luminoso
Acciar, colà tosto annitrendo è volto;
Già già brama l’arringo, e l’uom sul dorso
224Portando, urtato riurtar nel corso.

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