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158 LA GERUSALEMME

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XXXII.


  Ubaldo incominciò parlando allora:
Va l’Asia tutta, e va l’Europa in guerra:
Chiunque pregio brama, e Cristo adora,
252Travaglia in arme or nella Siria terra.
Te solo, o figlio di Bertoldo, fuora
Del mondo, in ozio, un breve angolo serra;
Te sol dell’universo il moto nulla
256Move, egregio campion d’una fanciulla!

XXXIII.


  Qual sonno, o qual letargo ha sì sopita
La tua virtute? o qual viltà l’alletta?
Su su, te il campo, e te Goffredo invita:
260Te la fortuna, e la vittoria aspetta.
Vieni, o fatal guerriero, e sia finita
La ben comincia impresa: e l’empia setta,
Che già crollasti, a terra estinta cada
264Sotto l’inevitabile tua spada.

XXXIV.


  Tacque; e ’l nobil Garzon restò per poco
Spazio confuso, e senza moto e voce.
Ma poi che diè vergogna a sdegno loco,
268Sdegno guerrier della ragion feroce,
E che al rossor del volto un novo foco
Successe che più avvampa, e che più coce;
Squarciossi i vani fregj, e quelle indegne
272Pompe, di servitù misera insegne.

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