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160 | LA GERUSALEMME |
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XXXVIII.
Corre, e non ha d’onor cura o ritegno.
Ahi dove or sono i suoi trionfi e i vanti?
Costei d’Amor, quanto egli è grande, il regno
300Volse e rivolse sol col cenno innanti:
E così pari al fasto ebbe lo sdegno,
Ch’amò d’esser amata, odiò gli amanti:
Sè gradì sola, e fuor di sè in altrui
304Sol qualche effetto de’ begli occhj sui.
XXXIX.
Or negletta e schernita, e in abbandono
Rimasa, segue pur chi fugge e sprezza:
E procura adornar co’ pianti il dono
308Rifiutato per se di sua bellezza.
Vassene; ed al piè tenero non sono
Quel gelo intoppo e quella alpina asprezza,
E invia per messaggieri innanzi i gridi:
312Nè giunge lui pria ch’ei sia giunto ai lidi.
XL.
Forsennata gridava: o tu che porte
Teco parte di me, parte ne lassi;
O prendi l’una o rendi l’altra, o morte
316Dà insieme ad ambe: arresta, arresta i passi,
Sol che ti sian le voci ultime porte,
Non dico i bacj; altra più degna avrassi
Questi da te. Chè temi, empio, se resti?
320Potrai negar, poi che fuggir potesti.