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CANTO DECIMOSESTO. 167

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LIX.


  Vattene pur, crudel, con quella pace
Che lasci a me: vattene iniquo omai;
Me tosto ignudo spirto, ombra seguace
468Indivisibilmente a tergo avrai.
Nuova furia co’ serpi e con la face
Tanto t’agiterò quanto t’amai.
E s’è destin ch’esca del mar, che schivi
472Gli scoglj e l’onde, e ch’alla pugna arrivi:

LX.


  Là tra ’l sangue e le morti egro giacente
Mi pagherai le pene, empio guerriero.
Per nome Armida chiamerai sovente
476Negli ultimi singulti; udir ciò spero.....
Or quì mancò lo spirto alla dolente;
Nè quest’ultimo suono espresse intero:
E cadde tramortita, e si diffuse
480Di gelato sudore, e i lumi chiuse.

LXI.


  Chiudesti i lumi, Armida: il Cielo avaro
Invidiò il conforto a’ tuoi martírj.
Apri, misera, gli occhj; il pianto amaro
484Negli occhj al tuo nemico or chè non miri?
O s’udir tu ’l potessi, o come caro
T’addolcirebbe il suon de’ suoi sospiri!
Dà quanto ei puote; ei prende (e tu nol credi)
488Pietoso in vista gli ultimi congedi.

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