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CANTO UNDECIMO. | 7 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:19|3|0]]
XVII.
Poi che de’ cibi il natural amore
Fu in lor ripresso, e l’importuna sete,
Disse ai duci il gran Duce: al novo albóre
132Tutti all’assalto voi pronti sarete.
Quel sia giorno di guerra e di sudore,
Questo sia d’apparecchio e di quiete.
Dunque ciascun vada al riposo, e poi
136Se medesmo prepari e i guerrier suoi.
XVIII.
Tolser’ essi congedo; e manifesto
Quinci gli Araldi, a suon di trombe, fero
Ch’essere all’arme apparecchiato e presto
140Dee con la nova luce ogni guerriero.
Così in parte al ristoro, e in parte questo
Giorno si diede all’opre ed al pensiero;
Sinchè fè nova tregua alla fatica
144La cheta notte del riposo amica.
XIX.
Ancor dubbia l’aurora, ed immaturo
Nell’Oriente il parto era del giorno:
Nè i terreni fendea l’aratro duro:
148Nè fea il pastore ai prati anco ritorno.
Stava tra i rami ogni augellin sicuro,
E in selva non s’udia latrato, o corno;
Quando a cantar la mattutina tromba
152Comincia all’arme, all’arme il Ciel rimbomba.