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184 | LA GERUSALEMME |
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XXXII.
Guida un Armen la squadra, il qual tragitto
Al Paganesmo nell’età novella
Fè dalla vera fede: ed ove ditto
252Fu già Clemente, ora Emiren s’appella:
Per altro uom fido, e caro al Re d’Egitto
Sovra quanti per lui calcar mai sella;
E duce insieme, e cavalier soprano
256Per cor, per senno, e per valor di mano.
XXXIII.
Nessun più rimanea; quando improvvisa
Armida apparve, e dimostrò sua schiera.
Venia sublime in un gran carro assisa,
260Succinta in gonna, e faretrata arciera.
E mescolato il novo sdegno in guisa
Col natío dolce in quel bel volto s’era,
Che vigor dalle; e cruda ed acerbetta
264Par che minacci, e minacciando alletta.
XXXIV.
Somiglia il carro a quel che porta il giorno,
Lucido di pirópi e di giacinti:
E frena il dotto auriga al giogo adorno
268Quattro unicorni a coppia a coppia avvinti:
Cento donzelle e cento paggj intorno
Pur di faretra gli omeri van cinti,
Ed a bianchi destrier premono il dorso,
272Che sono al giro pronti, e lievi al corso.