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186 LA GERUSALEMME

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XXXVIII.


  E chino il capo e le ginocchia, al petto
Giunge la destra; e’l Re così gli dice:
Tè questo scettro; a te, Emiren, commetto
300Le genti, e tu sostieni in lor mia vice:
E porta, liberando il Re soggetto,
Su’ Franchi l’ira mia vendicatrice.
Và, vedi, e vinci: e non lasciar de’ vinti
304Avanzo, e mena presi i non estinti.

XXXIX.


  Così parlò il Tiranno; e del soprano
Imperio il cavalier la verga prese.
Prendo scettro, Signor, d’invitta mano,
308Disse, e vo co’ tuo’ auspicj all’alte imprese:
E spero in tua virtù, tuo capitano,
Dell’Asia vendicar le gravi offese.
Nè tornerò, se vincitor non torno;
312E la perdita avrà morte, non scorno.

XL.


  Ben prego il Ciel che, s’ordinato male
(Ch’io già nol credo) di là su minaccia;
Tutta sul capo mio quella fatale
316Tempesta accolta di sfogar gli piaccia:
E salvo rieda il campo, e in trionfale
Più che in funebre pompa il duce giaccia.
Tacque; e seguì co’ popolari accenti
320Misto un gran suon di barbari instrumenti.

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