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190 | LA GERUSALEMME |
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L.
Io sterperogli il core: io darò in pasto
Le membra lacerate agli avoltoj.
Così parlava l’Indiano Adrasto:
396Nè soffrì Tisaferno i vanti suoi.
E chi sei, disse, tu che sì gran fasto
Mostri, presente il Re, presenti noi?
Forse è quì tal ch’ogni tuo vanto audace
400Supererà co’ fatti, e pur si tace.
LI.
Rispose l’Indo fero: io mi sono uno
Ch’appo l’opre il parlare ho scarso e scemo.
Ma s’altrove che quì così importuno
404Parlavi tu, parlavi il detto estremo.
Seguíto avrian; ma raffrenò ciascuno,
Distendendo la destra, il Re supremo.
Disse ad Armida poi: Donna gentile,
408Ben hai tu cor magnanimo e virile;
LII.
E ben sei degna, a cui suoi sdegni ed ire
L’uno e l’altro di lor conceda e done:
Perchè tu poscia a voglia tua le gire
412Contra quel forte predator fellone.
Là fian meglio impiegate; e ’l loro ardire
Là può chiaro mostrarsi in paragone.
Tacque ciò detto; e quegli offerta nova
416Fecero a lei di vendicarla a prova.