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CANTO DECIMOSETTIMO. | 193 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:217|3|0]]
LIX.
Ben è dai due guerrier riconosciuto
Del saggio amico il venerabil volto.
Ma poi ch’ei ricevè lieto saluto,
468E ch’ebbe lor cortesemente accolto;
Al giovinetto, il qual tacito e muto
Il riguardava, il ragionar rivolto:
Signor, te sol, gli disse, io quì soletto
472In cotal’ ora desiando aspetto.
LX.
Chè, se no’l sai, ti sono amico: e quanto
Curi le cose tue chiedilo a questi:
Ch’essi, scorti da me, vinser l’incanto
476Ove tu vita misera traesti.
Or odi i detti miei contrarj al canto
Delle Sirene, e non ti sian molesti;
Ma gli serba nel cor, fin che distingua
480Meglio a te il ver più saggia e santa lingua.
LXI.
Signor, non sotto l’ombra in piaggia molle
Tra fonti e fior, tra Ninfe e tra Sirene;
Ma in cima all’erto e faticoso colle
484Della virtù riposto è il nostro bene.
Chi non gela, e non suda, e non s’estolle
Dalle vie del piacer, là non perviene.
Or vorrai tu lungi dall’alte cime
488Giacer, quasi tra valli augel sublime?