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210 LA GERUSALEMME

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VIII.


  Chè sei della caligine del mondo
E della carne tu di modo asperso,
Che ’l Nilo, o ’l Gange, o l’Ocean profondo
60Non ti potrebbe far candido e terso.
Sol la grazia del Ciel quanto hai d’immondo
Può render puro; al Ciel dunque converso
Riverente perdon richiedi, e spiega
64Le tue tacite colpe, e piangi e prega.

IX.


  Così gli disse; ed ei prima in se stesso
Pianse i superbi sdegni, e i folli amori:
Poi chinato a’ suoi piè, mesto e dimesso,
68Tutti scoprigli i giovanili errori.
Il ministro del Ciel, dopo il concesso
Perdono, a lui dicea: co’ novi albóri
Ad orar te n’andrai là su quel monte
72Che al raggio mattutin volge la fronte.

X.


  Quinci al bosco t’invia, dove cotanti
Son fantasmi ingannevoli e bugiardi.
Vincerai (questo so) mostri e giganti;
76Purch’altro folle error non ti ritardi.
Deh nè voce che dolce o pianga, o canti,
Nè beltà che soave o rida, o guardi,
Con tenere lusinghe il cor ti pieghi:
80Ma sprezza i finti aspetti, e i finti preghi.

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