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12 LA GERUSALEMME

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XXXII.


  E mette in guardia i cavalier de’ fanti
Da tergo, e manda intorno i corridori.
Dà il segno poi della battaglia, e tanti
252I sagittarj sono e i frombatori
E l’arme delle machine volanti,
Che scemano fra i merli i difensori.
Altri v’è morto, e ’l loco altri abbandona:
256Già men folta del muro è la corona.

XXXIII.


  La gente Franca impetuosa e ratta
Allor quanto più puote affretta i passi.
E parte scudo a scudo insieme adatta,
260E di quegli un coperchio al capo fassi.
E parte sotto machine s’appiatta
Che fan riparo al grandinar de’ sassi.
Ed arrivando al fosso, il cupo e ’l vano
264Cercano empirne, ed adeguarlo al piano.

XXXIV.


  Non era il fosso di palustre limo
(Chè nol consente il loco) o d’acqua molle:
Onde l’empiano, ancorchè largo ed imo,
268Le pietre, i fasci, e gli alberi, e le zolle.
L’audacissimo Alcasto intanto il primo
Scopre la testa, ed una scala estolle:
E nol ritien dura gragnuola, o pioggia
272Di fervidi bitumi, e su vi poggia.

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