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CANTO DECIMOTTAVO. 215

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XXIII.


  Dove in passando le vestigia ei posa,
Par ch’ivi scaturisca, o che germoglie.
Là s’apre il giglio, e quì spunta la rosa;
180Quì sorge un fonte, ivi un ruscel si scioglie.
E sovra, e intorno a lui la selva annosa
Tutte parea ringiovenir le foglie.
S’ammolliscon le scorze, e si rinverde
184Più lietamente in ogni pianta il verde.

XXIV.


  Rugiadosa di manna era ogni fronda,
E distillava dalle scorze il mele.
E di nuovo s’udia quella gioconda
188Strana armonia di canto, e di querele.
Ma il coro uman ch’a i cigni, all’aura, all’onda
Facea tenor, non sa dove si cele:
Non sa veder chi formi umani accenti,
192Nè dove siano i musici stromenti.

XXV.


  Mentre riguarda, e fede il pensier nega
A quel che ’l senso gli offeria per vero;
Vede un mirto in disparte, e là si piega,
196Ove in gran piazza termina un sentiero.
L’estranio mirto i suoi gran rami spiega,
Più del cipresso e della palma, altero:
E sovra tutti gli arbori frondeggia:
200Ed ivi par del bosco esser la reggia.

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