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234 | LA GERUSALEMME |
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LXXX.
Sul muro aveano i Siri un tronco alzato
Ch’antenna un tempo esser solea di nave:
E sovra lui col capo aspro e ferrato,
636Per traverso, sospesa è grossa trave:
È indietro quel da canapi tirato,
Poi torna innanzi impetuoso e grave:
Talor rientra nel suo guscio, ed ora
640La testuggin rimanda il collo fuora.
LXXXI.
Urtò la trave immensa, e così dure
Nella torre addoppiò le sue percosse;
Che le ben teste in lei salde giunture
644Lentando aperse, e la rispinse, e scosse.
La torre a quel bisogno armi sicure
Avea già in punto, e due gran falci mosse,
Che, avventate con arte incontra al legno,
648Quelle funi troncar ch’eran sostegno.
LXXXII.
Qual gran sasso talor, che o la vecchiezza
Solve d’un monte, o svelle ira de’ venti,
Ruinoso dirupa: e porta, e spezza
652Le selve, e con le case anco gli armenti;
Tal giù traea dalla sublime altezza
L’orribil trave e merli, ed arme, e genti.
Diè la torre, a quel moto, uno e duo’ crolli:
656Tremar le mura, e rimbombaro i colli.