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238 | LA GERUSALEMME |
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XCII.
S’offerse agli occhj di Goffredo allora,
Invisibile altrui, l’Angel Michele
Cinto d’armi celesti: e vinto fora
732Il Sol da lui, cui nulla nube vele.
Ecco, disse, Goffredo, è giunta l’ora
Ch’esca Sion di servitù crudele.
Non chinar, non chinar gli occhj smarriti:
736Mira con quante forze il Ciel t’aiti.
XCIII.
Drizza pur gli occhj a riguardar l’immenso
Esercito immortal ch’è in aria accolto:
Ch’io dinanzi torrotti il nuvol denso
740Di vostra umanità, ch’intorno avvolto
Adombrando t’appanna il mortal senso,
Sì che vedrai gl’ignudi spirti in volto:
E sostener per breve spazio i rai
744Delle angeliche forme anco potrai.
XCIV.
Mira di quei che fur campion di Cristo,
L’anime fatte in Cielo or cittadine,
Che pugnan teco, e di sì alto acquisto
748Si trovan teco al glorioso fine.
Là ’ve ondeggiar la polve, e ’l fumo misto
Vedi, e di rotte moli alte ruine;
Tra quella folta nebbia Ugon combatte,
752E delle torri i fondamenti abbatte.