< Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

CANTO DECIMOTTAVO. 239

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:265|3|0]]

XCV.


  Ecco poi là Dudon che l’alta porta
Aquilonar con ferro e fiamma assale:
Ministra l’arme ai combattenti, esorta
756Ch’altri su monti, e drizza, e tien le scale.
Quel ch’è sul colle, e ’l sacro abito porta,
E la corona ai crin sacerdotale,
È il pastore Ademaro, alma felice:
760Vedi ch’ancor vi segna, e benedice.

XCVI.


  Leva più in su le ardite luci, e tutta
La grande oste del Ciel congiunta guata.
Egli alzò il guardo: e vide in un ridutta
764Milizia innumerabile, ed alata.
Tre folte squadre, ed ogni squadra instrutta
In tre ordini gira, e si dilata;
Ma si dilata più quanto più in fuori
768I cerchj son: son gl’intimi i minori.

XCVII.


  Quì chinò vinti i lumi, e gli alzò poi:
Nè lo spettacol grande ei più rivide.
Ma riguardando d’ogni parte i suoi,
772Scorge che a tutti la vittoria arride.
Molti dietro a Rinaldo illustri eroi
Saliano: ei già salito i Siri uccide.
Il Capitan, che più indugiar si sdegna,
776Toglie di mano al fido alfier l’insegna.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.