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256 LA GERUSALEMME

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XXXVIII.


  Rende misera strage atra e funesta
L’alta magion, che fu magion di Dio.
O giustizia del Ciel, quanto men presta
300Tanto più grave sovra il popol rio!
Dal tuo secreto provveder fu desta
L’ira ne’ cor pietosi, e incrudelío.
Lavò col sangue suo l’empio Pagano
304Quel tempio che già fatto avea profano.

XXXIX.


  Ma intanto Soliman ver la gran torre
Ito se n’è, che di David s’appella:
E quì fa de’ guerrier l’avanzo accorre,
308E sbarra intorno e questa strada e quella:
E ’l Tiranno Aladino anco vi corre.
Come il Soldan lui vede, a lui favella:
Vieni, o famoso Re, vieni, e là sovra
312Alla rocca fortissima ricovra.

XL.


  Chè dal furor delle nemiche spade
Guardar vi puoi la tua salute, e ’l regno.
Oimè, risponde, oimè, che la Cittade
316Strugge dal fondo suo barbaro sdegno:
E la mia vita, e ’l nostro imperio cade.
Vissi, e regnai: non vivo or più, nè regno.
Ben si può dir: noi fummo; a tutti è giunto
320L’ultimo dì, l’inevitabil punto.

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