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260 | LA GERUSALEMME |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:288|3|0]]
L.
E ben allor allor l’invitta mano
Tentato avria l’inespugnabil muro:
Nè forse colà dentro era il Soldano
396Dal fatal suo nemico assai sicuro;
Ma già suona a ritratta il Capitano:
Già l’orizonte d’ogn’intorno è scuro.
Goffredo alloggia nella terra, e vuole
400Rinnovar poi l’assalto al novo Sole.
LI.
Diceva ai suoi, lietissimo in sembianza,
Favorito ha il gran Dio l’armi Cristiane:
Fatto è il sommo de’ fatti, e poco avanza
404Dell’opra, e nulla del timor rimane.
La torre (estrema, e misera speranza
Degl’infedeli) espugnerem dimane.
Pietà frattanto a confortar v’inviti,
408Con sollecito amor, gli egri e i feriti.
LII.
Ite, e curate quei c’han fatto acquisto
Di questa patria a noi col sangue loro.
Ciò più conviensi ai cavalier di Cristo,
412Che desio di vendetta o di tesoro.
Troppo, ahi troppo di strage oggi s’è visto,
Troppa in alcuni avidità dell’oro.
Rapir più oltra, e incrudelir i’ vieto.
416Or divulghin le trombe il mio divieto.