Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
CANTO DECIMONONO. | 273 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:301|3|0]]
LXXXIX.
E perchè fra’ Pagani anco risassi
Ch’io so vostri usi, ed arme, e sopravveste;
Fer che le false insegne io divisassi,708E fui costretta ad opere moleste.
Queste son le cagion che ’l campo io lassi:
Fuggo l’imperiose altrui richieste.
Schivo ed abborro in qual si voglia modo
712Contaminarmi in atto alcun di frodo.
XC.
Queste son le cagion, ma non già sole;
E quì si tacque, e di rossor si tinse,
E chinò gli occhj, e l’ultime parole
716Ritener volle, e non ben le distinse.
Lo scudier, che da lei ritrar pur vuole
Ciò ch’ella vergognando in se ristrinse,
Di poca fede, disse, or perchè cele
720Le più vere cagioni al tuo fedele?
XCI.
Ella dal petto un gran sospiro apriva,
E parlava con suon tremante e roco:
Mal guardata vergogna intempestiva,
724Vattene omai; non hai tu quì più loco.
A chè pur tenti, o in van ritrosa e schiva,
Celar col foco tuo d’amore il foco?
Debiti fur questi rispetti innante;728Non or, che fatta son donzella errante.