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CANTO DECIMONONO. | 275 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:303|3|0]]
XCV.
Visitommi egli spesso, e in dolce suono,
Consolando il mio duol, meco si dolse;
Dicea: l’intera libertà ti dono,
756E delle spoglie mie spoglia non volse.
Oimè, che fu rapina e parve dono:
Chè rendendomi a me da me mi tolse.
Quel mi rendè ch’è via men caro e degno;760Ma s’usurpò del core, a forza, il regno.
XCVI.
Mal amor si nasconde. A te sovente
Desiosa i’ chiedea del mio signore.
Veggendo i segni tu d’inferma mente:
764Erminia, mi dicesti, ardi d’amore.
Io te ’l negai; ma un mio sospiro ardente
Fu più verace testimon del core:
E in vece forse della lingua, il guardo
768Manifestava il foco onde tutt’ardo.
XCVII.
Sfortunato silenzio; avessi io almeno
Chiesta allor medicina al gran martíre;
S’esser poscia dovea lentato il freno,
772Quando non gioverebbe, al mio desire.
Partimmi in somma, e le mie piaghe in seno
Portai celate, e ne credei morire.
Alfin, cercando al viver mio soccorso,
776Mi sciolse amor d’ogni rispetto il morso.