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286 | LA GERUSALEMME |
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CXXVIII.
Ed egli: È mio parer ch’ai novi albóri,
Come concluso fu, più non s’assaglia;
Ma si stringa la torre: onde uscir fuori
1020Chi dentro stassi a suo piacer non vaglia:
E posi il nostro campo, e si ristori
Frattanto ad uopo di maggior battaglia.
Pensa poi tu s’è meglio usar la spada
1024Con forza aperta, o ’l gir tenendo a bada.
CXXIX.
Mio giudizio è però ch’a te convegna
Di te stesso curar sovra ogni cura;
Chè per te vince l’oste, e per te regna.
1028Chi senza te l’indrizza, e l’assicura?
E perchè i traditor non celi insegna;
Mutar le insegne a’ tuoi guerrier procura.
Così la fraude a te palese fatta
1032Sarà da quel medesmo in chi s’appiatta.
CXXX.
Risponde il capitan: come hai per uso,
Mostri amico volere e saggia mente;
Ma quel che dubbio lasci, or sia conchiuso.
1036Uscirem contro alla nemica gente.
Nè già star deve in muro o in vallo chiuso
Il campo domator dell’Oriente.
Sia da quegli empj il valor nostro esperto
1040Nella più aperta luce, in loco aperto.