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316 | LA GERUSALEMME |
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LXXX.
Pur di novo l’affronta, e pur ricade
Pur ripercosso ove fu prima offeso:
E colpa è sol della soverchia etade,
636A cui soverchio è de’ gran colpi il peso.
Da cento scudi fu, da cento spade
Oppugnato in quel tempo anco e difeso.
Ma trascorre il Soldano, o che sel creda
640Morto del tutto, o ’l pensi agevol preda.
LXXXI.
Sovra gli altri ferisce, e tronca, e svena,
E in poca piazza fa mirabil prove.
Ricerca poi, come furore il mena,
644A nova uccision materia altrove.
Qual da povera mensa a ricca cena
Uom, stimolato dal digiun, si move;
Tal vanne a maggior guerra, ov’egli sbrame
648La sua di sangue infuriata fame.
LXXXII.
Scende egli giù per le abbattute mura,
E s’indirizza alla gran pugna in fretta.
Ma il furor ne’ compagni e la paura
652Riman, che i suoi nemici han già concetta:
E l’una schiera d’asseguir procura
Quella vittoria ch’ei lasciò imperfetta.
L’altra resiste si; ma non è senza
656Segno di fuga omai la resistenza.