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CANTO VIGESIMO. | 319 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:349|3|0]]
LXXXIX.
Mentre Raimondo il vergognoso sdegno
Sfogar ne’ capi più sublimi tenta;
Vede l’usurpator del nobil regno
708Che fra’ primi combatte, e gli s’avventa.
E ’l fere in fronte, e nel medesmo segno
Tocca e ritocca, e ’l suo colpir non lenta;
Onde il Re cade, e, con singulto orrendo,
712La terra ove regnò morde morendo.
XC.
Poi ch’una scorta è lunge, e l’altra uccisa,
In color che restar vario è l’affetto.
Alcun, di belva infuriata in guisa,
716Disperato nel ferro urta col petto:
Altri, temendo, di campar s’avvisa,
E là rifugge ov’ebbe pria ricetto.
Ma tra’ fuggenti il vincitor commisto
720Entra, e fin pone al glorioso acquisto.
XCI.
Presa è la Rocca; e su per l’alte scale
Chi fugge è morto, o in su le prime soglie;
E nel sommo di lei Raimondo sale,
724E nella destra il gran vessillo toglie:
E incontra ai due gran campi il trionfale
Segno della vittoria al vento scioglie.
Ma già nol guarda il fier Soldan, chè lunge
728È di là fatto, ed alla pugna giunge.