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CANTO VIGESIMO. 323

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CI.


  Allor scioglie la Fama i vanni al volo,
Le lingue al grido, e ’l duro caso accerta:
Nè pur n’ode Rinaldo il romor solo,
804Ma da un messaggio ancor nova più certa.
Sdegno, dover, benevolenza, e duolo
Fan che all’alta vendetta ei si converta.
Ma il sentier gli attraversa, e fa contrasto
808Sugli occhj del Soldano il grande Adrasto.

CII.


  Gridava il Re feroce: ai segni noti
Tu sei pur quegli alfin ch’io cerco e bramo.
Scudo non è ch’io non riguardi e noti,
812Ed a nome tutt’oggi invan ti chiamo.
Or solverò della vendetta i voti
Col tuo capo al mio Nume. Omai facciamo
Di valor, di furor quì paragone,
816Tu nemico d’Armida, ed io campione.

CIII.


  Così lo sfida; e di percosse orrende
Pria sulla tempia il fere, indi nel collo.
L’elmo fatal (chè non si può) non fende,
820Ma lo scuote in arcion con più d’un crollo.
Rinaldo lui sul fianco in guisa offende,
Che vana vi saria l’arte d’Apollo.
Cade l’uom smisurato, il Rege invitto:
824E n’è l’onore ad un sol colpo ascritto.

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