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328 | LA GERUSALEMME |
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CXVI.
Ma l’un percuote sol, percuote e impiaga
L’altro che ha maggior forza, armi più ferme.
Tisaferno di sangue il campo allaga
924Con l’elmo aperto, e dello scudo inerme.
Mira del suo campion la bella Maga
Rotti gli arnesi, e più le membra inferme:
E gli altri tutti impauriti in modo,
928Che frale omai gli stringe e debil nodo.
CXVII.
Già di tanti guerrier cinta e munita,
Or rimasa nel carro era soletta.
Teme di servitute, odia la vita,
932Dispera la vittoria, e la vendetta.
Mezza tra furiosa e sbigottita
Scende, ed ascende un suo destriero in fretta.
Vassene, e fugge; e van seco pur anco
936Sdegno, ed Amor, quasi due veltri al fianco.
CXVIII.
Tal Cleopatra al secolo vetusto
Sola fuggia dalla tenzon crudele,
Lasciando incontra al fortunato Augusto,
940Ne’ maritimi rischj, il suo fedele,
Che per amor fatto a se stesso ingiusto
Tosto seguì le solitarie vele.
E ben la fuga di costei secreta
944Tisaferno seguia; ma l’altro il vieta.