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330 LA GERUSALEMME

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CXXII.


  Ben rimirò la fuga: or da lui chiede
Pietà, che n’abbia cura e cortesia.
E gli sovvien, che si promise in fede
972Suo cavalier, quando da lei partia.
Si drizza ov’ella fugge, ov’egli vede
Il piè del palafren segnar la via.
Giunge ella intanto in chiusa opaca chiostra,
976Che a solitaria morte atta si mostra.

CXXIII.


  Piacquele assai che in quelle valli ombrose
L’orme sue erranti il caso abbia condutte.
Quì scese dal destriero, e quì depose
980E l’arco, e la faretra, e l’armi tutte:
Armi infelici, disse, e vergognose
Ch’usciste fuor della battaglia asciutte,
Quì vi depongo: e quì sepolte state,
984Poichè l’ingiurie mie mal vendicate.

CXXIV.


  Ah, ma non fia che fra tant’armi e tante
Una di sangue oggi si bagni almeno?
S’ogni altro petto a voi par di diamante,
988Osarete piagar femminil seno;
In questo mio, che vi sta nudo avante,
I pregj vostri e le vittorie sieno.
Tenero ai colpi è questo mio; ben sallo
992Amor, che mai non vi saetta in fallo.

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