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54 LA GERUSALEMME

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LXVIII.


  Non morì già; chè sua virtute accolse
Tutta in quel punto, e in guardia al cor la mise:
E, premendo il suo affanno, a dar si volse
540Vita con l’acqua a chi col ferro uccise.
Mentre egli il suon de’ sacri detti sciolse,
Colei di gioja trasmutossi, e rise:
E in atto di morir lieto e vivace
544Dir parea: s’apre il Cielo: io vado in pace.

LXIX.


  D’un bel pallore ha il bianco volto asperso,
Come a’ giglj sarian miste viole:
E gli occhj al Cielo affisa, e in lei converso
548Sembra, per la pietate, il Cielo e ’l Sole:
E la man nuda e fredda alzando verso
Il cavaliero, in vece di parole,
Gli dà pegno di pace: in questa forma
552Passa la bella donna, e par che dorma.

LXX.


  Come l’alma gentile uscita ei vede,
Rallenta quel vigor ch’avea raccolto:
E l’imperio di se libero cede
556Al duol già fatto impetuoso e stolto,
Ch’al cor si stringe, e, chiusa in breve sede
La vita, empie di morte i sensi e ’l volto.
Già simile all’estinto il vivo langue
560Al colore, al silenzio, agli atti, al sangue.

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