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CANTO DUODECIMO. 55

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LXXI.


  E ben la vita sua, sdegnosa e schiva
Spezzando a forza il suo ritegno frale,
La bella anima sciolta alfin seguiva,
564Che poco innanzi a lei spiegava l’ale;
Ma quivi stuol de’ Franchi a caso arriva,
Cui trae bisogno d’acqua, o d’altro tale;
E con la donna il cavalier ne porta,
568In se mal vivo, e morto in lei ch’è morta.

LXXII.


  Perocchè ’l Duce loro ancor discosto
Conosce all’arme il principe Cristiano.
Onde v’accorre, e poi ravvisa tosto
572La vaga estinta, e duolsi al caso strano.
E già lasciar non vuole ai lupi esposto
Il bel corpo che stima ancor Pagano.
Ma sovra l’altrui braccia ambi gli pone,
576E ne vien di Tancredi al padiglione.

LXXIII.


  Affatto ancor nel piano e lento moto
Non si risente il cavalier ferito:
Pur fievolmente geme, e quinci è noto
580Che ’l suo corso vital non è finito.
Ma l’altro corpo tacito ed immoto
Dimostra ben che n’è lo spirto uscito.
Così portati e l’uno e l’altro appresso,
584Ma in differente stanza alfine è messo.

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