Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
CANTO DECIMOTERZO. | 79 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:95|3|0]]
XXXV.
Pur l’oste che dirà se indarno i’ riedo?
Qual’altra selva ha di troncar speranza?
Nè intentato lasciar vorrà Goffredo
276Mai questo varco; or s’oltre alcun s’avanza?
Forse l’incendio, che quì sorto i’ vedo,
Fia d’effetto minor che di sembianza.
Ma seguane che puote: e in questo dire
280Dentro saltovvi. O memorando ardire!
XXXVI.
Nè sotto l’arme già sentir gli parve
Caldo o fervor come di foco intenso:
Ma pur, se fosser vere fiamme o larve,
284Mal potè giudicar sì tosto il senso:
Perchè repente, appena tocco, sparve
Quel simulacro, e giunse un nuvol denso
Che portò notte e verno: e ’l verno ancora,
288E l’ombra dileguossi in picciol’ora.
XXXVII.
Stupido si, ma intrepido rimane
Tancredi: e poi che vede il tutto cheto,
Mette sicuro il piè nelle profane
292Soglie, e spia della selva ogni secreto.
Nè più apparenze inusitate e strane,
Nè trova alcun fra via scontro o divieto;
Se non quanto per se ritarda il bosco
296La vista e i passi, inviluppato e fosco.