Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 173 — |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu{{padleft:175|3|0]]
Le fanciulle non si perdettero in vane esclamazioni. Improvvisarono una catena magnetica, e scaricando il loro fluido sulla giacente, in men che non si pensi, la ridonarono alla vita.
Fidelia si levò in piedi, girò intorno gli occhi smarriti come chi, risvegliandosi da un orribile sogno, tremi di rivedere una larva.
Poi sorrise alle amiche, e appoggiandosi al braccio di Speranza uscì con quella dal gabinetto.
— Domani ti dirò tutto — disse Fidelia alla sua prediletta. E per quella serata non si tenne più parola del misterioso avvenimento.
Durante la cena, le fanciulle ripresero insensibilmente la loro abituale gaiezza. Fidelia sorrideva alle amiche, e pareva dividere i loro ingenui tripudii. Di tratto in tratto ella trasaliva, portava la mano agli occhi come a rimuovere un velo, a dissipare una nube. E subito, dopo quel gesto, la sua fronte tornava serena, e l’occhio riacquistava la sua luce.
Ai primi squilli del richiamo delle vergini, quella gioconda comitiva uscì dalla villa Paradiso per disperdersi nei varii compartimenti della città.
Fidelia baciò le amiche ad una ad una, e salita in una gondola volante, si fece ricondurre al palazzo di famiglia.
Quella sera, il Gran Proposto era di umore assai lieto. Quell’inesorabile partigiano delle antiche discipline, che non poteva tollerare nella propria famiglia ciò che egli chiamava insubordinazione legale agli ordini della natura; quel padre severo che non aveva mai perdonato a Fidelia le lunghe assenze notturne, mosse ad incontrarla con volto radiante, l’accolse con insolita profusione di amorevolezze.
C’era qualche cosa di misterioso, qualche cosa di si-