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— Amico... fratello — disse al levita — fino dal primo momento che mi occorse agli occhi quel veto, ho riconosciuto che esso racchiudeva una calunnia, una trama inqualificabile, contro la quale io sarò impotente a lottare. Essi... gli infami... avranno calcolato tutte le evenienze possibili... Egli che occupa un posto tanto eminente nella società, non potrebbe lanciare un tal colpo, se prima non fosse ben sicuro che non avesse a ricadergli sul capo. Io ti giuro, fratello, che il mio cuore non ha più fede nella giustizia degli uomini. Nondimeno voglio cedere ancora una volta a’ tuoi amichevoli consigli che mi furono legge negli anni più desolati della mia esistenza. Ma, bada! questa è la mia ultima prova! Se dessa non riesce quale tu me la prometti, quale dovrebbe riuscire perché io riconosca il tuo Dio, allora tu stesso dovrai assolvermi dall’obbedire alle leggi del male, ed io diverrò quello che fui nei primi tempi della mia giovinezza: un vindice della umanità conculcata, un fulmine dei soperchiatori e dei despoti.
Ciò detto, l’Albani si accostò di nuovo al leggio, prese una penna, e sotto il veto del Gran Proposto scrisse le due linee seguenti:
«Io domando che, a termine di legge, entro le ventiquattro ore prescritte, il Gran Proposto Terzo Berretta mi renda ragione del suo veto dinanzi al Consiglio degli Anziani.
«Redento Albani».
Compiuta quella formalità, i due amici si separarono. L’Albani salì nella sua gondola e ordinò al conduttore di calarlo alla Villa Paradiso.
Giunto alla Villa, il fidanzato di Fidelia diede il segnale perché si aprissero i cancelli. Entrò senza volger parola al Custode che era mosso ad incontrarlo. Attraversò i