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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ghislanzoni - Abrakadabra, Milano, Brigola, 1884.djvu{{padleft:74|3|0]] — e il mio cuore esulta di trovarmi teco. — Sorgi dunque! sorgi, cristiano fratello, appoggiati al mio braccio — noi procederemo insieme o insieme cadremo.
L’Albani si levò macchinalmente, e discese i gradini del palco sorreggendosi al braccio del giovane sacerdote.
Attraversarono a lenti passi la Via della Misericordia. Il bianco levita, colla bisaccia sulle spalle, un largo cappello in testa, e un bastone di giunco alla mano, era costretto di soffermarsi ad ogni tratto perchè il compagno riprendesse lena. La lunga via era affatto deserta, le finestre e le porte serrate, la solitudine resa più tetra dalle ombre crepuscolari.
Dopo un’ora di cammino, i due pellegrini si trovarono lunge dalle case, all’aperta campagna. Le ombre si eran fatte più dense — la Stella d’Amore spuntava nel firmamento.
I due viandanti udirono uno squillo lontano — entrambi si fermarono.
— Fratello! — disse il levita — è l’ora di benedizione! Questo suono tu devi conoscerlo. In questo punto tutti i tuoi fratelli piegano il ginocchio, e ringraziano Dio colla preghiera del cuore che in parole non si traduce. Il gran levita dalla torre del tempio inaccessibile, stende la mano a benedire tutti i figli della terra... Inginocchiati, o fratello!
L’Albani piegò le ginocchia — un tremito convulso gli scosse le membra — indi proruppe in uno sfogo di lacrime.
Quand’egli levossi per riprendere il cammino: — Ho sentito la voce di Dio! — esclamò l’Albani con accento rassegnato: — io avrò forza per compiere il duro pellegrinaggio... Espierò la mia colpa... rivivrò nella stima e nell’amore dei fratelli... purchè voi non mi abbandoniate!