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196 | Firenze Vecchia |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Giuseppe Conti Firenze vecchia, Firenze 1899.djvu{{padleft:208|3|0]]cato di fronte ai sudditi ed alle altre Corti, nel veder costretto il canuto genitore a riprender moglie per causa sua.
La futura sposa arrivò in Firenze il 26 ottobre 1820 alle undici di notte, col proprio padre e con la sorella principessa Amalia ed il seguito in cinque legni ed un brancard. Appena giunti, andarono a Palazzo Pitti ove furono ricevuti nel quartiere della Meridiana dal Granduca, dai Principi ereditari, dal principe e dalla principessa Rospigliosi e dal cavallerizzo Martelli.
Immediatamente passarono a tavola insieme al marchese Emilio Piatti, maggiordomo del principe di Sassonia, e alla contessa di Peralta, dama d'onore della principessa. Quindi ognuno dei personaggi fu condotto nelle stanze loro assegnate, ed anche le persone del seguito furono provvisoriamente alloggiate a Pitti. Quando però fu concluso il matrimonio, il Principe e le due figlie passarono ad abitare in Palazzo Vecchio.
La celebrazione del matrimonio sembra che si protraesse un poco a causa dei fatti di Napoli, e certamente per la morte della principessa Maria Anna, sorella del re di Sassonia e zia della futura sposa del Granduca, essendo sorella pure del principe Massimiliano. La nuova della morte fu portata inaspettatamente da un corriere straordinario della Corte di Sassonia la sera del 3 dicembre al Teatro del Cocomero, dove si trovava il Sovrano insieme con i principi.
Il Re di Napoli primo suocero del Granduca fece, nella circostanza del suo passaggio da Firenze, la conoscenza del nuovo suocero di suo genero e della futura Granduchessa di Toscana con la quale si rallegrò, incitando al tempo stesso il gran principe Leopoldo a non lasciarsi vincer la mano dal padre.
Re Ferdinando come abbiamo detto, si era recato al Congresso onde sistemar meglio i suoi sudditi, e frattanto il reggente duca di Calabria ed i Ministri stavano in apprensione non ricevendo lettere del re. Quando finalmente ne ebbero una, rimasero stupiti. In quella lettera, che Ferdinando I scrisse al figliuolo, anziché parlargli degli affari di Stato,