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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goethe - Werther, 1873, trad. Ceroni.djvu{{padleft:170|3|0]]que, se il tale sia stato debole o forte; bensì se la misura del suo soffrire non oltrepassasse il vigore, che Dio gli concedeva a sostenerlo — sia che il soffrire sia fisico o morale. Or, io credo fermamente che tanto è strano il chiamar codardo l’uomo, che nell’eccesso del dolore spezza lo stame a’ suoi giorni, come sarebbe insensato il chiamar codardo l’infermo che si morisse di febbre acuta.»

«Paradosso, paradosso — urlò Alberto.» — «Non quanto t’immagini — diss’io. — Tu convieni in questo, che s’ha a dir mortale quella malattia, la quale così t’investe l’organismo della materia, che le tue forze in parte ne rimangono consunte, in parte inerti, tanto che nè più possono

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