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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goethe - Werther, 1873, trad. Ceroni.djvu{{padleft:77|3|0]]sua figura, del suo accento, del suo portamento celeste. Non m’era ancor riavuto dalla sorpresa, ch’ella corse nella vicina cameretta a pigliarsi i guanti e il ventaglio. I fanciulli, che ancor s’indugiavano, baloccando, m’andavano guardando sott’occhio a qualche distanza: io, allora, mi gittai sul più piccolo, ch’era un bimbo della più graziosa fisionomia. Ma ei si ritrasse un pochino, e in quel momento tornò la Carlotta, e visto l’atto gli disse: «Via, Gigietto, porgi la mano al cugino!» E il fanciullo obbedì tosto col miglior garbo possibile, tanto ch’io non seppi rattenermi dal baciarlo cordialissimamente, ad onta del suo nasuccio tutto stillante. Offersi indi il braccio alla giovinetta; e nel discendere: «Cugino, avete detto? — le chiesi — e