< Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

LA BOTTEGA DEL CAFFÈ 285

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu{{padleft:295|3|0]]

SCENA XIV.

Don Marzio solo.


Don Marzio. Oh diavolo, diavolo! Che ho io fatto? Colui che io credeva un signore di conto, era un birro travestito. Mi ha tradito, mi ha ingannato. Io son di buon cuore; dico tutto con facilità.

SCENA XV.

Ridolfo e Leandro di casa della ballerina, e detto.


Ridolfo. Bravo; così mi piace; chi intende la ragione, fa conoscere che è uomo di garbo; finalmente in questo mondo non abbiamo altro che il buon nome, la fama, la riputazione. (a Leandro)

Leandro. Ecco lì quello che mi ha consigliato a partire.

Ridolfo. Bravo, signor don Marzio; ella dà di questi buoni consigli? Invece di procurare di unirlo con la moglie, lo persuade abbandonarla e andar via?

Don Marzio. Unirsi con sua moglie? È impossibile, non la vuole con lui.

Ridolfo. Per me è stato possibile; io con quattro parole l’ho persuaso. Tornerà con la moglie.

Leandro. (Per forza, per non esser precipitato). (da sè)

Ridolfo. Andiamo a ritrovar la signora Placida, che è qui dal barbiere.

Don Marzio. Andate a ritrovare quella buona razza di vostra moglie.

Leandro. Signor don Marzio, vi dico in confidenza tra voi e me, che siete una gran lingua cattiva. (entra dal barbiere con Ridolfo)

SCENA XVI.

Don Marzio, poi Ridolfo.

Don Marzio. Si lamentano della mia lingua, e a me pare di parlar bene. È vero che qualche volta dico di questo e di

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.