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IL GIUOCATORE 287

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Pancrazio. Io certamente...

Gandolfa. Andate via.

Pancrazio. Non vi avrei mai lasciata.

Gandolfa. Andate via, che siate maledetto.

Pancrazio. A me?

Gandolfa. Andate, che il diavolo vi porti.

Pancrazio. Vado... (Andatevi a fidar delle donne. Non si può sperar fedeltà nemmeno di settantasei anni). (da sè, parte)

Gandolfa. Oh che vecchio minchione! Vorrebbe ch’io prendessi lui, invece di un giovane? Oh, non fo di questi spropositi!

SCENA XVII.

Florindo con un braccio al collo, e detta.

Florindo. Riverisco la signora Gandolfa.

Gandolfa. Che c’è, figlio mio? Che cosa avete? Vi siete fatto male?

Florindo. Son caduto e mi sono slogato un braccio.

Gandolfa. Poverino! Quanto mi dispiace!

Florindo. (Non voglio che ella sappia che sono stato ferito). (da se)

Gandolfa. Vi duole assai?

Florindo. Oh, non è niente. (Scellerato Tiburzio! Egli è in carcere a pagare il fio). (da sè)

Gandolfa. Mi parete sbattuto, avete avuto paura?

Florindo. Sono agitatissimo.

Gandolfa. Per qual cagione? Confidatevi in me, vita mia, che vi consolerò.

Florindo. Per causa della mia lite ho tutti i miei effetti sequestrati. Ho dei debiti, e se non pago, mi vogliono cacciar prigione.

Gandolfa. Oh povero giovine! Non vi mancherebbe altro.

Florindo. Voi mi potreste aiutare.

Gandolfa. Di quanto avreste bisogno?

Florindo. In circa cento zecchini.

Gandolfa. Ah Florindo, se voleste, io rimedierei a tutto.

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