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120 | ATTO PRIMO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu{{padleft:130|3|0]] della mia protezione. Io non ho cuore d’abbandonarla. Ma acciò non crediate sia interessata la cura che di essa mi prendo, a voi la consegno. Custoditela voi, e rammentatevi che le persone di garbo, come voi siete, hanno impegno di soccorrere gl’infelici.
Beatrice. E chi è costei? Da noi che richiede? Qual disavventura la porta a ricorrere a questa casa?
Ottavio. Nel punto che voi giungeste, ella mi rendeva conto dell’esser suo. Non seppi altro sinora, se non che quel temerario di Lelio l’insulta e la perseguita. Ciò impegnommi a difendere la di lei onestà. Mi riserbai per altro a prendere maggior impegno, dopo la cognizione totale dell’esser suo. Rosaura, il racconto che a me eravate disposta a fare, fatelo alla mia signora: ella non è meno generosa di me; assicuratevi della sua protezione, se sarete in grado di meritarla; consorte amatissima, a voi raccomando usarle quella pietà ch’ella merita, e rimettendo a voi la di lei causa, e lasciandola all’arbitrio vostro, conoscerete ch’io sono un marito onesto, un cavaliere onorato, un protettore innocente. (parte)
SCENA VI.
Beatrice e Rosaura.
Beatrice. (Mi pento di aver sinistramente pensato). (da sè) Buona giovane, venite qui.
Rosaura. Eccomi a’ vostri cenni.
Beatrice. Sappiate che mio marito è l’uomo più onesto e più prudente di questo mondo.
Rosaura. Ho sentito da tutti parlar di lui con rispetto.
Beatrice. Egli non è capace di amare altra donna che la propria moglie.
Rosaura. Chi ha una sposa amabile come voi, non lo potrebbe fare volendo.
Beatrice. Palesatemi le vostre disavventure, e assicuratevi che