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LA DONNA VOLUBILE 393

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SCENA VII.

Brighella ed Anselmo.

Brighella. Oh che gusto! Oh che spasso! Oh che bella cosa! Se posso, ghe vôi magnar quel pochetto che le gh’ha; godermela e torme spasso.

Anselmo. Galantuomo, siete voi di casa?

Brighella. Sior sì, son de casa.

Anselmo. Vi è il signor Pantalone?

Brighella. Nol gh’è.

Anselmo. Ditemi, si potrebbe riverire la sua figliuola?

Brighella. Quala so fiola?

Anselmo. No quella da quel calderone, quell’altra. (accenna il guardinfante)

Brighella. Ho inteso, la più zovene.

Anselmo. Sì, la più giovane, la più semplice, quella che par più una donna.

Brighella. Anzi doveria più parer una donna quell’altra, che l’è maggior.

Anselmo. Oh, quella pare una macchina da fuochi artifiziali.

Brighella. Donca la vol la piccola?

Anselmo. Sì, se mi volete far il piacere.

Brighella. Ma... sior Pantalon no so se el se contenterà.

Anselmo. Ho parlato con lui, ed è contentissimo.

Brighella. Basta... Vedremo... (Ghel dirò prima a siora Rosaura, sentirò cossa la dirà). (parte)

Anselmo. Se fossi andato al mio paese con una moglie incerchiata e piena di vetri al collo, mi avrebbero fatto le fischiate. La signora Rosaura non fa per me: ha troppe diavolerie d’intorno. Sua sorella mi piace, perchè è modestina, ed ha una veste civile, ma positiva.

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