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262 ATTO SECONDO

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SCENA X.

Ottavio solo.

Beatrice cara, sentite. Uh povero me! sempre in collera, sempre grida. Dopo ch’io l’ho, non è stata un giorno senza gridare; ed io non parlo mai. Le voglio bene, mi piace, in questa età m’è d’un gran comodo, e non so disgustarla. Questa sera mi converrà far testamento. Non ne ho veramente gran volontà, ma per contentarla, lo farò. Oh, quando siamo vecchi, bisogna pur soffrir le gran cose! Se siam poveri: quando crepa? Se siam ricchi: quando fa testamento? Ah misera umanità! Sarebbe ora ch’io pensassi a morire! Eh, un altro poco. (parte)

SCENA XI.

Camera in casa di Florindo.

Corallina e poi Brighella.

Corallina. A buon conto il notaio è dalla mia. Conosce l’ingiustizia che si vuol fare a questo giovine, e mi darà campo di rimediarvi. Non ha nemmeno voluto lo zecchino. È galantuomo, è disinteressato. Ma se a negozio finito gliene darò dieci, li prenderà.

Brighella. O de casa. (di dentro)

Corallina. Oh! Messer Brighella! Venite avanti.

Brighella. El vostro padron gh’èlo?

Corallina. No, non c’è. Che volete da lui?

Brighella. Da lu gnente. Anzi ho gusto che nol ghe sia. La mia padrona la vorria far un contrabando.

Corallina. In che genere?

Brighella. La vorria vegnir qua da vu segretamente, per dirve una cossa che ghe preme.

Corallina. Se vuol venire, è padrona. Ma se comanda, verrò da lei.

Brighella. No, la gh’ha gusto de venir da vu per parlar con più libertà. Ma no la vorria che ghe fusse sior Florindo.

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