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146 ATTO PRIMO

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Violante. Sì, voglio goderlo. Il mio tempo lo so dividere perfettamente. Sentite se io ho fatta una buona distribuzione del giro delle ventiquattr’ore. Dodeci al letto, due alla tavoletta, due al pranzo, una alla cena, tre allo studio e quattro alla conversazione.

Roberto. È poco per la conversazione. Che dite, don Gismondo?

Gismondo. Sì, vorrebbono essere almeno sei.

Violante. Aspettate: leviamo due ore da qualche altra faccenda.

Roberto. Io le leverei dallo studio.

Violante. Oh no: lo studio è troppo necessario. Che dite, don Gismondo?

Gismondo. Sì, è necessarissimo. Farebbe torto al suo felice talento.

Roberto. Dalla tavoletta si potrebbe levar qualche cosa?

Violante. Due ore sono anche poche.

Roberto. Due di pranzo, una di cena?...

Violante. Si può far meno?

Gismondo. Anzi è difficile che colla tavola non s’intacchi.

Roberto. Per dirla, mi pare che delle dodeci del letto se ne potrebbe levare un paio almeno per la conversazione.

Violante. Ma sono avvezza così.

Gismondo. Si potrebbe conciliare una cosa coll’altra. Non è incompatibile letto e conversazione.

Violante. Sì, sì, per la cioccolata.

Roberto. Bravissima! la conversazione della cioccolata.

Gismondo. Grande spirito! gran prontezza ha madama!

SCENA X.

Paggio e detti.

Paggio. Signora.

Violante. Che vuoi?

Paggio. Il signor don Fausto vorrebbe riverirla.

Violante. Venga pure, è padrone.

Paggio. (A che serve ch’io faccia le ambasciate? Qui non si dice di no a nessuno). (da sè, e parte)

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