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354 ATTO TERZO

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Emanuel. Buon giorno. (a Jacobbe)

Jacobbe.   Vi saluto. (si cava il cappello)
Emanuel.   In testa il tuo cappello.
Queste son cerimonie, le quali in capo all’anno
Consumano i cappelli, e apportano del danno.
Jacobbe. Se tutti, come voi, avesser tal pensiero,
L’arte de’ cappellai si ridurrebbe al zero.
Emanuel. Arte non vi è nel mondo più inutile di questa:
Una berretta, un panno basta a coprir la testa.
Jacobbe. Più inutile di questo parmi un altro mestiere,
Che toglier si potrebbe.
Emanuel.   E quale?
Jacobbe.   L’argentiere.
Emanuel. (Di pungere non cessa, filosofo mordace). (da si)
Jacobbe. (Si cerca la riforma, ma in casa sua dispiace). (da sè)

SCENA VII.

Birone dalla casa della Brindè, con altro viglietto; e detti.

Birone. Eccovi la risposta. (dà il biglietto a Jacobbe, e si ritira)

Jacobbe.   (Non l’ho spedito invano). (da si)
Emanuel. Questo è il mestiere indegno.
Jacobbe.   Qual è?
Emanuel.   Fare il mezzano.
Colui con una carta uscì da quelle soglie,
D’un uomo effeminato a lusingar le voglie.
Jacobbe. Un uomo che mal pensa, un maldicente siete.
D’amor qui non si tratta.
Emanuel.   Sciocco non son.
Jacobbe.   Leggete.
(gli esibisce la carta ancor chiusa)
Emanuel. Leggere non vogl’io, de’ fatti altrui non curo;
Ma di una cosa sola son certo e son sicuro.
Jacobbe. Di che?
Emanuel.   Che colla donna, sia vana o sia prudente,

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