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IL VECCHIO BIZZARRO 455

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Ottavio. Sono un uomo d’onore.

Florindo. Fate che per tale vi dichiarino le vostre azioni.

Ottavio. Intacchereste voi di poco onorate le azioni mie?

Florindo. Non si fanno debiti per giocare.

Ottavio. Se ho de’ debiti, li pagherò.

Florindo. Farete il vostro dovere.

Ottavio. Non ho bisogno per farlo dei consigli vostri.

Florindo. Nè io m’affaticherò più per darveli inutilmente.

Ottavio. Un amico che affetta di consigliarmi, e nega poi di soccorrermi, lo stimo poco.

Florindo. Nè io fo grande stima d’un uomo, che per i suoi vizi non ha riguardo ad incomodare gli amici.

Ottavio. Signor Florindo, voi vi avanzate troppo.

Florindo. Per non eccedere soverchiamente con voi, mi asterrò di trattarvi.

Ottavio. Infatti, per trattar bene coi galantuomini, avreste bisogno d’avere imparato qualche cosa di più.

Florindo. Coi galantuomini so trattare; con voi può essere ch’io non lo sappia.

Ottavio. Chi sono io?

Florindo. Il signor Ottavio Aretusi.

Ottavio. Che volete voi dire?

Florindo. Che questa sarà l’ultima volta che parlo con voi.

Ottavio. Perderò poco a perdere un amico insolente.

Florindo. Ed io guadagnerò assai coll’allontanarmi da un temerario.

Ottavio. Per rendere più sicuro il nostro allontanamento, vi vuol la morte d’uno di noi. (mette mano alla spada)

Florindo. Questo è il fine dei disperati. (fa lo stesso, e si battono)

SCENA III.

Pantalone e detti.

Pantalone. Alto, alto, patroni.

Florindo. Lasciateci battere.

Pantalone. Se le se voi batter, che le vaga fora de ste lagune. Qua no se fa ste cosse.

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