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LA DONNA BIZZARRA 317

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Povera giovinetta! non so come abbia fatto

Tutti i meriti vostri conoscere ad un tratto.
Ha saputo descrivermi sì bene il vostro viso,
Che vedesi che amore l’ha nel suo petto inciso.
Egli ha un occhio, mi disse, che quando mira, impiaga;
Ha una vezzosa bocca, bocca ridente e vaga;
Le guancie ha porporine; ma la di lui beltà
Mista è d’una soave gentil virilità.
Che brio, che portamento! che nobile figura!
Farmi che dir si possa miracol di natura.
E le maniere sue son docili, amorose.
Poteva dir di più?
Cavaliere.   Di me sì belle cose?
Contessa. Di voi; che ve ne pare?
Cavaliere.   Certo ha una gran bontà.
Sembro a voi sì gentile?
Contessa.   Nè men per la metà.
Cavaliere. Convien dir che un altr’occhio in lei dunque vi sia.
Contessa. Convien dir che non opera in me la simpatia.
Cavaliere. Non so che dir. Contessa, se nel suo cuor si aduna
Per me cotanta stima, sarà per mia fortuna.
Ingrato esser non soglio ai doni della sorte.
Contessa. Di lei siete disposto a divenir consorte?
Cavaliere. Troppo presto, signora.
Contessa.   È ver, ma diamo il caso
Che l’affar si trattasse, sareste persuaso?
Cavaliere. Con voi non vi è speranza?
Contessa.   No, per me più non siete.
Volete ch’io le parli?
Cavaliere.   Fate quel che volete.
Contessa. Ditemi, Cavaliere, avete mai trovata
Un’altra, come me, per l’altrui ben portata?
Poche son quelle donne che facciano così.
Armidoro. (chiama)

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