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148 ATTO SECONDO

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SCENA XIII.

Don Roberto e Lindoro.

Roberto. (Che moglie! Oh cieli! Che moglie m’è mai toccata?) (da sè)

Lindoro. Signore, accordatemi il mio congedo.

Roberto. Eh, seccatemi voi pur col congedo. (Tutte le ore del giorno, tutt’i momenti, burbera, minacciosa, inquieta!) (da sè)

Lindoro. Signore...

Roberto. (Non gli bada, e passa dall’altra parte) (Sospetta di tutto, tormenta tutti).

Lindoro. Signore, datemi il mio congedo.

Roberto. Eh andate al diavolo ancora voi, Zelinda, mia moglie e tutto il mondo: sono stanco, sono annoiato, non posso più. (parte)

SCENA XIV.

Lindoro solo.

Sì, anderò, anderò al diavolo, giacchè andar non posso colla buona avventura. Voglio andarmene di questa casa. E Zelinda ci verrà a suo dispetto, e avrà che fare con me, e saranno finite le cabale, le superchierie, le menzogne. Finchè si resta qui, non son padrone, non posso reggerla a modo mio. Fuori fuori di questa casa. (grida e batte i piedi)

SCENA XV.

Zelinda e detto.

Zelinda. Cosa sono questi strepiti? cosa sono queste disperazioni? (con sdegno, e con voce alta)

Lindoro. Meno ciarle, e più obbedienza e rispetto. Fuori di questa casa.

Zelinda. Fuori di questa casa? (rabbiosamente)

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