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336 ATTO QUINTO

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Le ripulse adoprar. Voi pretendete,

Donne superbe, incatenar gli amanti,
E ridere al lor pianto, e impunemente
Negar pietade a chi piagaste il cuore.
Barbara vanità! Costume ingrato!
Ma di me che sarà? La colpa mia
Rende più grave dell’ucciso il grado.
La figlia sua vorrà vendetta. Ognuno
La mia morte vorrà. Vagliami intanto
Questo luogo d’asilo; indi allo scampo
Qualche via m’aprirà l’oro, o l’inganno.
Elisa. Eccomi, don Giovanni, ad onta ancora
Della vostra empietà, fida e costante.
Il mio, ch’è vero amor, nelle sventure
Non vi abbandona.
D. Giovanni.   Eh nel mio mal presente
Altro ci vuol che femminili ardori.
Elisa. Posso farvi fuggir.
D. Giovanni.   Ma come? (Oh sorte!)
Elisa. Due custodi dell’atrio a me congiunti
Sono di sangue... Il lor favor potravvi
Lo scampo agevolar.
D. Giovanni.   Lo voglia il cielo!
(Lusingarla convien). Diletta sposa,
Di fedeltà, d’amor sincero esempio,
Vostro son io, vostro mi vuole il fato;
Il fato sì, che voi due volte elesse
Pietosa mia liberatrice e scorta:
Mi pento ormai d’esservi stato ingrato.
Dica il folle pastor ciò che dir vuole;
Così il cielo destina: Elisa deve
Esser di don Giovanni.

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