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IRCANA IN JULFA 363

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Ircana. Vostro favor mi cale, la pietà vostra invoco.

Tutto farò per voi.
Zulmira.   Quel che ti chiedo, è poco.
Ircana. V’ho a servire alla mensa?
Zulmira.   No, dispensarti io voglio.
Ircana. Alle stanze?
Zulmira.   Alle stanze.
Ircana.   (Vuol essere un imbroglio).

SCENA III.

Kiskia, Marliotta, Creona in lontano fra gli alberi del Boschetto che si nascondono e osservano i due suddetti.

Zulmira. Dura è la servitude in ogni stato, il veggio;

Ma lo servir di schiavo senza mercede è peggio.
Non soffro della sorte tale costume indegno;
Prenditi questa gemma, di mia pietade in segno.
Ircana. Ah non vorrei che un giorno...
Zulmira.   Taci, gradisci e prendi.
Ircana. Dispensate, signora...
Zulmira.   Vo’ che ’l ricevi. Intendi?
Ircana. Obbedirò. (prende l’anello
Zulmira.   Sì poco gradisci i doni miei?
Ircana. So che ne sono indegno.
Zulmira.   Degnissimo tu sei.
La servitù che soffri, nell’alma non ti aggrava;
Io più di te languisco, io più di te son schiava.
Dell’onestà le leggi serbo costante in seno.
So porre alle passioni colla ragione il freno.
Ma senza oltraggio rendere al nodo ch’io rispetto,
Per te non so nell’alma dissimular l’affetto.
Ircana. (Par che di queste donne amor si prenda gioco.
Ma potrà un tal inganno, credo, durar per poco), da sè
Zulmira. Taci? Mi guardi appena?
Ircana.   Posso giurar, ch’io v’amo;

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