Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
SCENA III.
Vajassa.
Le spose separate van dalle schiave abbiette;
Ma anch’esse alla custode deon essere O soggette.
SCENA IV.
Ircana e la suddetta.
Ah che m’inganni io temo, e che si penta ancora).
Vajassa. (Sarà Ircana costei).
Ircana. (Fin che da lei diviso
Noi vegga, i’ tremerò).
Vajassa. (Nè anche mi guarda in viso).
Ircana. (So che quel cor che mi ama, debole ogni ora fu;
So che del padre ei teme).
Vajassa. Dimmi: Ircana sei tu?
Ircana. Son io; da me che vuoi, sì torbida in aspetto?
Vajassa. Sei tu Ircana, o non sei?
Ircana. Sì quella son, l’ho detto.
forte
Vajassa. Sai ch’io son la custode?
Ircana. Lo so.
Vajassa. E che orgogliose
Non mi han men delle schiave a rispettar le spose?
Ircana. Lo so.
Vajassa. Lo sai? (sdegnata
Ircana. Sì, è vero. forte
Vajassa. Dunque meno anoganza.
Vattene, ed obbedisci; va tosto alla tua stanza.
Ircana. Qual è la stanza mia?
Vajassa. Non rispondere, ardita.
(!) SitìoK, Zatta e riiL torinese: éebbon esser.