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Palar; da lei sapesti celasi ivi l’amica.

Forse per te là dentro fu dalla vecchia ascosa.
Tamas. Là disse la custode essere la mia sposa.
Se m’ingannò quel labbro stolido, o menzognero...
Ircana. Non t’ingannò, là dentro sta la tua sposa, è vero;
Quella che stringer speri (me abbandonata) al seno;
Ma se riaverla O aspiri, dammi la morte almeno.
Spenta ch’io sia... ma pria ch’io sia dal ferro oppressa,
Voglio veda spirae la mia rivale istessa.
Sì, perirà.
Tamas. T’arresta.
Ircana. Se mi attravasi il passo...
Tamas. Se proseguir tu tenti...

SCENA VII.

Vajassa e detti.

Vajassa. Cos’è questo fracasso?

Mi han detto che si grida.
Tamas. Vecchia, fra quelle porte
Essere chi dicesti?
Vajassa. Parla un poco più forte.
Ircana. Tu, perfida, celasti colà con trame ordite
La mia rivai per esso?
Vajassa. Non so cosa che dite.
Ma vi comando e dico, che badi ognuno a se,
Che questa la maniera di vivere non è.
Se tu non hai giudizio (ad Ire.), se tu non taci, adito,
(a Tamas
Lo dirò alla tua sposa (a Tamas); lo dirò a tuo marito.
(ad Ircana
Ircana. Mio maito chi è?
Vajassa. Certo farò cori.
(1) Nella ed. SavioK (1770) è stampato per iskaglio: Ma te tloale atpM; aelU
ristampa torinese e nell’ed. Zatta: Se alla rioale atpirl.

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