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SCENA XIII.

Machmut, Tamas e Ircana.

Ircana. (O si parli, o si vada). (piano a Tamas

Tamas. Signor.
Machmut. Figlio, che brami?
Tamas. Arrossisco pensando, signor, quanto tu mi ami.
Machmut. Dell’amor mio sei certo, e in avvenir prometto
Darti maggior le prove del tenero mio affetto.
Son nell’età avanzato, son dai disagi O oppresso,
L’impiego e la famiglia regolerai tu stesso.
Lieto alla sposa unito vederti or mi consolo,
Tutto il poter ti cedo, comanderai tu solo.
Tamas. (Ircana?) (pateticamente guardandola
Ircana. E che vuoi dirmi?
Tamas. Senza ch’io parli, intendi.
(come sopra
Machmut. Vieni, Ircana, e il possesso di questa casa or prendi.
A viver lieta in pace godo che alfin sei giunta:
Ti obbediran le schiave, a Fatima congiunta.
Ircana. (Senti?) (a Tamas
Tamas. Che far poss’io? (ad Ircana
Ircana. Anima vile, ingrata I (a Tamas
Machmut. Che ti molesta, Ircana? Ancor ti mostri irata?
Sei di chi t’ama e onora, sei nel tuo cor nemica?
Ircana. Quello che saper brami, il figlio tuo tel dica.
Machmut. Parla, figlio, mi svela questo novello arcano.
Tamas. Padre... signor... io deggio... ah che lo tento invano.
(confuso parte
Machmut. Oimè I qual ria sventura mi vuol sempre infelice?
Parlami tu per esso.
Ircana. Sì, più tacer non lice.
Co’ benefizi suoi Machmut troppo mi onora.
(I) Ed. Pitteri: disaggi.
Il

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