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Machmut. Dalla bontà che mostri, anima illustre e grata,

Tutta la mia pietade è ben ricompensata.
Un solo don ti chiedo, e dal tuo cor l’aspetto:
Fatima tua rimetti( ) nel tuo primiero affetto.
Lei collo sposo accogli, Osman, con liete ciglia;
Ma non negar ch’io possa Fatima dir mia figlia.
Osmano. Sì, figlia tua sia sempre per l’amorosa cura,
Ma Fatima d’Osmano figliuola è per natura.
Non ricusar che Fatima passi al telto natio.
Ah vengavi seco, genero e figlio inio.
Vado a pugnar: se il fato tornar non mi concede,
Lo sposo della figlia sarà di me l’erede.
E l’amor tuo sì forte, ch’io lodo e benedico,
Faccia che in te, s’io manco, lor serbi un vero amico.
Prendi, s’è ver che gli ami, di regolarli il pondo,
Che più del sangue istesso vai l’amicizia al mondo.
Macmhut. Fatima, or son contento. Osman padre ti accoglie,
Vattene collo sposo, vanne alle patrie soglie.
Sempre ti sarò padre, figlia discreta, umana.
Dimmi, vivrai tu in pace? sarai contenta, Ircana?
Ircana. Ah, mio signor, qual graziai Suocero mio, qual dono!
Sposo, diletto sposo, sì, che contenta or sono.
Deh Fatima, perdona il mio geloso eccesso,
Perdona, Alì cortese, perdoni Osmano anch’esso.
Non mi vedrete un giorno turbar sdegnoso il ciglio,
Sarò obbediente al padre, sarò amorosa al figlio.
Dubbio non v’è ch’io senta voglia proterva insana,
Ecco che lieto han fine le avventure d’Ircana.
Fine della Tragicommedia.
(1) Ed. Pitteri: rlmmeUl.

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